Cosa succede alla cessione del quinto in caso di cessazione del rapporto di lavoro? Può capitare di perdere il lavoro per molti motivi (il fallimento dell’azienda, le dimissioni del lavoratore o il licenziamento, ad esempio): a seconda dei casi, le conseguenze per il finanziamento che si sta rimborsando sono diverse. Vediamo in dettaglio in che modo e quando viene estinto il prestito con cessione del quinto dello stipendio.
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Cosa succede alla cessione del quinto in caso di perdita del posto di lavoro
Quando chi ha chiesto un prestito con cessione del quinto perde il lavoro perché l’azienda entra in crisi e dichiara fallimento, oppure quando viene licenziato per una riduzione del personale, il lavoratore non deve preoccuparsi di nulla. In questi casi, infatti, entra in gioco la copertura assicurativa obbligatoria per legge.
I prestiti con cessione del quinto dello stipendio sono considerati prestiti garantiti proprio perché esiste una polizza assicurativa che tutela sia il debitore sia il creditore dal cosiddetto rischio impiego, cioè il rischio che chi ottiene il finanziamento possa perdere il posto di lavoro per cause indipendenti dal suo comportamento.
I casi in cui si attiva la copertura assicurativa sono indicati in dettaglio nel contratto assicurativo. Quando si verifica una delle circostanze coperte dalla polizza, la compagnia assicurativa si fa carico di rimborsare alla banca o alla finanziaria tutto il debito residuo che risulta dai conteggi estintivi del finanziamento.
Cosa succede alla cessione del quinto in caso di dimissioni
Le dimissioni di solito non sono comprese tra le cause che fanno scattare la copertura assicurativa. Anche il licenziamento per giusta causa viene spesso inserito tra le cause di esclusione: questo significa che se si perde il lavoro perché si viene licenziati per giusta causa o ci si dimette, si rimane obbligati a rimborsare personalmente il debito residuo all’istituto di credito.
Quando si interrompe il rapporto di lavoro il contratto di cessione del quinto viene estinto, perché viene meno la presenza del datore di lavoro che è obbligato a trattenere e a pagare la rata. Rimane comunque in piedi il debito residuo, che il lavoratore deve coprire:
- con il fondo TFR;
- con un piano di rientro del debito, nel caso in cui il TFR accumulato sia inferiore al debito residuo.
Banche e finanziarie solitamente già al momento della firma del contratto di cessione richiedono un vincolo sul TFR. In caso di dimissioni o di licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro dovrà versare all’azienda la quota del TFR che copre il debito residuo.
Proprio per questo motivo, i neoassunti o chi ha chiesto un anticipo del fondo TFR possono trovare qualche difficoltà nell’ottenere un prestito con cessione del quinto dello stipendio. Se l’istituto di credito giudica insufficiente il trattamento di fine rapporto disponibile, può decidere comunque di concedere il finanziamento, ma erogando un importo più basso rispetto a quello che sarebbe sostenibile con una rata pari a un quinto dello stipendio.
Se il TFR accumulato è inferiore rispetto all’importo del debito da rimborsare, quando il lavoratore perde il posto di lavoro rimane una parte di debito da rimborsare. Il lavoratore a questo punto dovrà concordare un piano di rientro del debito con l’istituto di credito.
Nel momento in cui il lavoratore trova un nuovo impiego, deve comunicarlo alla banca creditrice tramite raccomandata A/R, in modo che l’istituto di credito possa attivarsi per richiedere che il nuovo datore di lavoro trattenga la rata di rimborso dallo stipendio.