La cessione del quinto per dipendenti di piccole aziende ha regole un po’ diverse da quelle seguite per la cessione del quinto a pensionati o a lavoratori dipendenti di grandi imprese. Il motivo è dovuto al fatto che le piccole imprese rendono il rimborso meno sicuro rispetto a quelle più grandi. Ecco più in dettaglio cosa cambia e perché.
In questo articolo si parla di:
- 1 Cose da sapere sulla cessione del quinto per i dipendenti di piccole aziende
- 2 Le differenze con la cessione del quinto a dipendenti privati
- 3 La cessione del quinto sotto ai 15 dipendenti
- 4 La cessione del quinto per le ditte individuali
- 5 Cosa fare se la domanda di cessione del quinto viene rifiutata
Cose da sapere sulla cessione del quinto per i dipendenti di piccole aziende
Rispetto ai lavoratori assunti in aziende di medie o di grandi dimensioni, i dipendenti di piccole aziende possono incontrare qualche difficoltà in più nella richiesta di un prestito con cessione del quinto.
Il motivo per il quale le banche e le finanziarie concedono raramente una cessione del quinto ai dipendenti di piccole aziende sta nel fatto che la dimensione ridotta dell’impresa fa sì che venga considerata non abbastanza sicura da garantire il prestito fino alla scadenza.
Nei prestiti con cessione del quinto i datori di lavoro svolgono infatti un ruolo fondamentale, perché pagano lo stipendio al dipendente, trattengono e versano le rate al creditore. Se il datore di lavoro è considerato a rischio, l’istituto di credito difficilmente concederà il prestito.
Per le piccole società, le ditte individuali e le imprese con meno di 15 dipendenti è complesso dimostrare la stabilità del posto di lavoro e quindi riuscire a convincere le banche a concedere il prestito.
Le differenze con la cessione del quinto a dipendenti privati
Il prestito con cessione del quinto dello stipendio è la forma di finanziamento più semplice da ottenere per i lavoratori dipendenti. Visto che a essere responsabile della restituzione del prestito non è direttamente il debitore ma è il suo datore di lavoro, gli istituti di credito spesso sono propensi ad approvare le richieste di finanziamento.
Come in tutti i prestiti con cessione del quinto, la rata deve essere al massimo pari a un quinto dello stipendio netto e la durata del finanziamento deve essere compresa tra 2 e 10 anni. Il prestito viene concesso a un tasso di interesse fisso, le rate sono costanti e il prestito è garantito da una polizza assicurativa che tutela sia il creditore sia il debitore in caso di morte o di perdita del posto di lavoro.
Visto che il rimborso del prestito è praticamente certo, banche e finanziarie approvano piuttosto facilmente le richieste di cessione presentate da chi è assunto con un contratto a tempo indeterminato. Per chi lavora in una piccola azienda però potrebbe essere più difficile riuscire a ottenere il consenso della banca.
A volte banche e finanziarie prima di concedere il finanziamento calcolano il coefficiente assicurativo, cioè un parametro che sintetizza la solidità del datore di lavoro. La scala va da 1, che indica le imprese meno sicure, a 6, il valore associato alle aziende migliori.
Il coefficiente assicurativo viene usato per calcolare il montante del prestito (cioè la somma di capitale e interessi), oppure solo per farsi un’idea dell’affidabilità e della sicurezza dell’azienda che deve occuparsi del versamento delle rate. Nel caso in cui chi concede il prestito usi il coefficiente per calcolare il montante del prestito, il tipo di azienda presso la quale si lavora incide molto sulla somma che si può ottenere.
Se chi chiede il prestito è un dipendente che lavora presso una piccola impresa con 15 dipendenti con coefficiente assicurativo 2 e ha maturato un TFR di 20.000 euro, il montante del prestito sarà di 40.000 euro. Un dipendente che lavora presso un’azienda più grande con coefficiente assicurativo 4, a parità di TFR maturato, potrà ottenere un finanziamento doppio.
Il coefficiente assicurativo tiene conto di diversi aspetti, dal fatturato al numero di dipendenti assunti, passando per il numero di anni di attività dell’impresa. Più alto è questo indice, maggiori saranno le probabilità di riuscire a ottenere il finanziamento.
Dal momento che nel caso delle piccole aziende è più difficile fare previsioni sulla stabilità della situazione lavorativa, potrebbe essere difficile ottenere una risposta affermativa dalla banca, specialmente quando si richiede un prestito di durata superiore ai 5 anni.
Non cambia invece la possibilità di richiedere il prestito anche se si è considerati cattivi pagatori o se in passato si sono subiti protesti. A pagare lo stipendio e a trattenere le rate è infatti il datore di lavoro, perciò la reputazione creditizia di chi chiede il prestito non incide sull’esito della richiesta.
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La cessione del quinto sotto ai 15 dipendenti
Quando si richiede un prestito con cessione del quinto le banche valutano diversi aspetti. Nel caso delle imprese sotto ai 15 dipendenti, oltre alla retribuzione mensile, le banche tengono conto di:
- anzianità aziendale;
- anzianità lavorativa;
- TFR maturato.
L’anzianità dell’attività aziendale è uno degli elementi che incide di più sull’esito della richiesta di finanziamento. Banche e finanziarie valutano da quanti anni è attiva l’azienda presso la quale si lavora, analizzano il bilancio (se è pubblico) e si fanno un’idea della stabilità del posto di lavoro. Un’azienda con pochi dipendenti ma che è sul mercato da molti anni e ha un buon volume d’affari ha sicuramente qualche chance in più rispetto a un’azienda appena costituita.
Anche l’anzianità lavorativa del dipendente è un elemento che viene valutato con attenzione. Un lavoratore appena assunto avrà meno possibilità di ottenere un prestito rispetto a un dipendente che ha parecchi anni di lavoro alle spalle con la stessa azienda. Avere una posizione lavorativa stabile è infatti sintomo di solidità dell’impresa. Indicativamente, banche e finanziarie richiedono un’anzianità minima di tre o cinque anni per poter considerare le richieste di finanziamento con cessione del quinto.
Infine, la banca considera il TFR maturato. Il TRF, insieme allo stipendio, fa da garanzia per il finanziamento e viene usato per saldare il debito in caso di licenziamento o di dimissioni del dipendente. Se il prestito viene concesso, il trattamento di fine rapporto viene congelato per tutta la durata del prestito e per l’importo da restituire.
Ad esempio, se si ottiene un finanziamento di 15.000 euro, 15.000 euro di TRF vengono bloccati per la durata del prestito. Chi è impiegato da pochi mesi o da pochi anni e ha maturato un trattamento di fine rapporto minore rispetto all’importo del finanziamento difficilmente riuscirà a ottenere il prestito.
Queste considerazioni valgono sia nel caso della cessione del quinto per dipendenti srl sia nel caso della cessione del quinto per dipendenti sas o snc. Lo stesso discorso è valido per le richieste fatte da dipendenti che lavorano presso spa o cooperative con meno di 15 dipendenti.
La cessione del quinto per le ditte individuali
Nella maggior parte dei casi chi lavora per una ditta individuale è escluso dalla platea di coloro che possono ottenere un finanziamento con cessione del quinto dello stipendio. Lavorare per una ditta individuale dà infatti poche garanzie a chi presta dei soldi.
Trovare finanziarie che concedono il prestito anche a chi è impiegato presso una ditta individuale oppure presso una società con meno di 5 dipendenti è piuttosto raro. Anche quando vengono concessi, questi prestiti sono poco convenienti.
A differenza dei prestiti con cessione del quinto concessi a pensionati, dipendenti pubblici o dipendenti privati che lavorano in una media o grande impresa, infatti, i prestiti con cessione del quinto concessi a dipendenti di piccole o micro imprese sono più costosi, perché il tasso di interesse e la polizza assicurativa riflettono la maggior rischiosità dell’operazione.
Cosa fare se la domanda di cessione del quinto viene rifiutata
Se si lavora per una piccola impresa o per una ditta individuale e la banca ha rifiutato la richiesta di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio non tutto è perduto. Ci sono valide alternative alla cessione del quinto che si possono considerare per ottenere la liquidità di cui si ha bisogno.
Per capire quali soluzioni mettere in pratica può essere utile capire qual è il motivo del rifiuto. Può trattarsi di un rifiuto dovuto alle caratteristiche del datore di lavoro oppure un rifiuto legato alle garanzie presentate e giudicate insufficienti.
Richiedere un prestito personale
Se la richiesta di finanziamento è stata rifiutata perché si è dipendenti di una ditta individuale oppure di una piccola azienda con meno di 5 dipendenti allora la soluzione più semplice per ottenere un finanziamento è chiedere un prestito personale.
Si può richiedere un prestito non finalizzato, per ottenere liquidità da impiegare liberamente, oppure un prestito finalizzato, per realizzare un acquisto specifico (l’auto, ad esempio, o i mobili per la casa). Rispetto alla cessione del quinto l’iter di valutazione è un po’ più lungo e i costi sono leggermente superiori. In più, viene valutata la reputazione creditizia di chi chiede il prestito: per i cattivi pagatori o i protestati è difficile riuscire a ottenere il finanziamento.
Presentare garanzie aggiuntive
Quando il rifiuto è dovuto alla mancanza di garanzie sufficienti (come un TFR basso o una limitata anzianità lavorativa), allora si può provare a ottenere il finanziamento presentando alla banca delle garanzie aggiuntive.
Normalmente il prestito con cessione del quinto dello stipendio non richiede garanzie personali o reali: a tutelare il creditore ci pensano lo stipendio, il TFR e la polizza assicurativa che copre il rischio vita e il rischio lavorativo.
Nel caso in cui anzianità lavorativa e TFR non siano sufficienti, la banca potrebbe accordare comunque il prestito, a patto che il debitore presenti la garanzia di un terzo che si impegna a rimborsare personalmente il finanziamento in caso di ritardi o difficoltà nel versamento delle rate.
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