Imposta di bollo sul conto corrente

Ilenia Albanese
Esperta di conti correnti

Una delle voci di costo previste nei conti correnti è l’imposta di bollo che almeno una volta l’anno fa capolino tra gli addebiti sul conto.

L’imposta di bollo è quella tassa istituita dallo Stato, applicata sui conti correnti. La legge è entrata in vigore nel 2011 con il Decreto Salva-Italia. Si tratta di un tributo che, come vedremo, quasi tutti i correntisti sono tenuti a pagare.

Parliamo, quindi, di una tassa, definita per legge, dovuta per il possesso di un conto corrente sia dalle persone fisiche sia dalle persone giuridiche.

L’imposta di bollo viene applicata in misura fissa ed è prelevata direttamente dalla banca presso la quale il conto corrente è stato aperto o dalle Poste. Questo perché, in quanto sostituti d’imposta, l’istituto bancario e le Poste Italiane sono tenuti a prelevare l’importo fissato dalla legge per trasferirlo successivamente all’Agenzia delle Entrate.

Imposta di bollo sul conto corrente

Chi la deve pagare

L’imposta di bollo è una tassa fissa che non dipende, quindi, dalla somma presente sul conto corrente. Si paga, infatti, per il semplice fatto di avere un conto.

L’imposta di bollo è dovuta per tutte le tipologie di conti correnti, bancari vincolati o non vincolati, per quelli postali e per i libretti di risparmio.

Per cui, in genere è tenuto a pagare l’imposta chiunque sia titolare di un conto corrente.

Chi è esente

Vi sono delle eccezioni che rendono il correntista esente dal pagamento della tassa. Quando diciamo che un correntista è esente facciamo riferimento ai casi in cui l’imposta di bollo non è prevista per diverse ragioni che ora vedremo.

L’esenzione è, tuttavia, una situazione differente dalla gratuità della tassa.

Infatti, vi sono delle banche che si prendono carico del pagamento dell’imposta di bollo.

I correntisti sono esentati dal pagamento dell’imposta in due casi:

  1. Giacenza media inferiore a 5.000 euro
  2. Isee inferiore a 7.500 euro

Inoltre, l’imposta non viene applica su:

  • conti corrente di base dedicati a fasce socialmente svantaggiate
  • conto corrente presso un istituto di pagamento che emette moneta elettronica
  • conti e libretti postali intestati a Onlus o federazioni sportive riconosciute dal Coni

I conti correnti di base sono quelli a cui possono avere accesso i soggetti con Isee inferiore a 11.600 euro oppure i pensionati con assegno INPS annuo non superiore a 18.000 euro.

In più, non deve pagare la tassa sul conto corrente neanche il dipendente che effettua operazioni per conto del datore di lavoro. Di conseguenza, l’imposta di bollo non si applica sulle carte di credito aziendali collegate con quella principale dell’azienda.

Per far si che la banca riconosca l’esenzione, il correntista deve presentare l’Isee all’istituto bancario. Invece, nel caso di giacenza media inferiore a 5.000 euro non occorre presentare alcun documento poiché sarà la banca stessa a calcolarlo in maniera automatica.

Nel caso dei conti correnti cointestati, invece, la giacenza media che viene calcolata ai fini dell’imposizione è divisa in base alla quota che si detiene.

Quanto costa

L’articolo 13 del Decreto Legge 201 del 6 dicembre 2011 stabilisce un’imposta annua fissa di:

  • 34,20 euro annui se il cliente è una persona fisica oppure se è un cointestatario o una ditta individuale;
  • 100 euro annui se si tratta del conto corrente o deposito di un soggetto diverso dalla persona fisica, come le società.

Come specifica l’Agenzia delle entrate, l’imposta di bollo si applica a estratti di conti correnti, rendiconti dei libretti di risparmio, comunicazioni periodiche dei prodotti finanziari, rapporti tra enti gestori e fondazioni bancarie.

Come e quando si paga

In genere, il pagamento dell’imposta di bollo avviene al 31 dicembre di ogni anno nella maggior parte dei casi. Tuttavia, alcune banche possono applicare periodicità differenti. Inoltre, viene corrisposta anche alla data di cessazione del rapporto,  cioè quando si sceglie di chiudere il conto corrente.

L’imposta di bollo viene applicata nel momento in cui viene emesso l’estratto conto. La spesa, infatti, si riferisce al periodo rendicontato, anche se il conto corrente è stato aperto o chiuso nel corso dell’anno. Perciò, nel caso in cui non ci siano dei rendiconti nel corso dell’anno, l’imposta viene addebitata al 31 dicembre.

Il versamento dell’imposta non viene effettuato direttamente dal contribuente, ma dalla banca. L’istituto bancario, infatti, in quanto sostituto d’imposta trattiene direttamente la somma dal conto del cliente per poi versarla allo Stato.

L’imposta di bollo viene, perciò, addebitata sul conto corrente e, anche se viene calcolata su base annua, può essere saldata su base mensile o trimestrale, a seconda delle condizioni stabilite dalla banca.

Questo perché le banche hanno la facoltà di rateizzare l’imposta e addebitarla con cadenza periodica.

Cos’è l’Ivafe

Per i cittadini residenti in Italia che aprono un conto corrente all’estero non viene applicata l’imposta di bollo. Tuttavia, ciò non significa che non sono tenuti a pagare alcuna imposta.

Infatti, sui conti correnti esteri viene applicata l’Ivafe sul valore dei conti e dei libretti di risparmio. L’Ivafe, o Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero, viene corrisposta sempre all’Agenzia delle Entrate.

Al contrario delle banche italiane, gli istituti esteri non sono sostituti d’imposta. Per tale motivo, il titolare del conto ha l’onere della dichiarazione.

Perciò, se la giacenza media annua del conto estero supera la soglia dei 5.000 euro, il correntista è tenuto a compilare debitamente il quadro RW del modello Redditi in sede di dichiarazione fiscale.

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